L’ippomane è un termine che indica un addensamento marroncino-verdastro di sostanze prodotte durante la gravidanza osservato nei cavalli e in altri mammiferi come mucche, pecore e maiali; si tratterebbe di residui di latte uterino non utilizzati che si addensano formando strati concentrici.
Questi agglomerati furono osservati nella placenta degli animali fin dall’Antica Grecia e descritte anche da Aristotele nel 350 a.C.; si credeva che se la cavalla o la madre non riuscisse a cibarsene dopo il parto, questa avrebbe rifiutato il nuovo nato, perdendo l’amore materno nei suoi confronti.
Ci si riferiva all’ippomane anche come al “pane del puledro” e la sua presenza veniva vista come segno di buon auspicio. Si credeva anche avesse proprietà afrodisiache.
Il termine deriva dal greco antico, “hippo-” (ίππο), che significa “cavallo”, e da “maínomai” (μαινομαι), che significa “essere o rendere furioso”.

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