Cavalli famosi, Curiosita', Storia

Black Beauty: il messaggio dietro al romanzo

Scritto da Anna Sewell e pubblicato nel 1877 con il titolo di Black Beauty: his grooms and companions, the autobiography of a horse, Black Beauty non sono è uno dei libri di cavalli più famosi in assoluto, ma è anche nella lista dei maggiori best sellers di tutti i tempi, con più di 40 milioni di copie vendute. La particolarità di questo romanzo è che il narratore della storia è proprio il protagonista, un bellissimo morello con una balzana e una stella sul muso che racconta la sua vita, tra alti e bassi, e tutti i suoi incontri con altri cavalli o persone.
Quello che potrebbe sembrare un libro per bambini, è in realtà un libro che vuole denunciare le condizioni spesso crudeli in cui i cavalli erano costretti a lavorare; Anna divenne particolarmente sensibile alla tematica del maltrattamento degli animali perché a causa di un incidente che le aveva danneggiato fortemente le caviglie, costringendola all’inizio ad avere sempre con sé delle stampelle e poi a vivere confinata nel suo letto, faceva grande uso della carrozza per muoversi. Venne così a conoscenza dei maltrattamenti che i cavalli attaccati alle carrozze subivano nell’Inghilterra dell’epoca vittoriana. (1837-1901).
Questo è infatti quello che Anna scrive ad un amico:

Sono stata confinata in casa sul divano per 6 anni e ho avuto modo di tanto in tanto di scrivere quello che penso diventerà un piccolo libro, il cui scopo speciale è di indurre alla gentilezza, alla compassione e a un trattamento consapevole dei cavalli.

Immagine tratta dal film “Black Beauty” del 1994

Anna si scaglia in particolar modo contro la crudeltà della “bearing rein“, (chiamata anche checkrein o overcheck; negli attacchi italiani viene chiamata strick) una cinghia collegata all’imboccatura, che passando in un piccolo anello del sovranuca, scorre sui lati del collo e si attacca al sellino. Aveva come unico scopo quello di fare apparire più maestosi ed eleganti i cavalli costringendoli a tenere la testa molto in alto, una posizione scomoda e fortemente dannosa per la schiena e per il collo.
Nel libro Anna parla attraverso le parole di Black Beauty stesso; l’animale chiede all’altro cavallo insieme a cui tira la carrozza se il loro padrone sapesse quanto fosse dolorosa questa cinghia per loro. L’altro cavallo (Max) risponde:

Non lo so, ma il venditore e il veterinario lo sanno molto bene. Una volta ero dal venditore e mi stava addestrando insieme ad un altro cavallo per andare in coppia; ci faceva tenere la testa in alto, ogni giorno sempre un po’ più in alto. Un signore che era lì gli chiese il perché e lui rispose “Le persone non li compreranno se non lo facciamo. I londinesi vogliono che i loro cavalli tengano sempre la testa in alto; ovviamente è una cosa molto deleteria per il cavallo, ma buona per gli affari”.

Dopo la pubblicazione del libro, chi già si opponeva all’uso della bearing rein guadagnò ancora più forza e nel 1883, 500 veterinari firmarono una petizione contro questo finimento, che venne sempre meno usato e tollerato. Si formò anche un vero e proprio movimento l’Anti-Bearing-Rein Association che denunciava i danni serissimi al collo e alla spina dorsale che questa moda estrema causava ai cavalli; si evidenziava come queste cinghie impedissero all’animale di allungare l’incollatura per meglio distribuire il peso che doveva trainare, causandogli tra le altre cose, “dislocazione e parziale lussazione delle cartilagine superiore della trachea” oltreché una “costante tensione del legamento cervicale” e a dolori e tagli in bocca dovuti all’eccessiva tensione esercitata sull’imboccatura.
Ad oggi negli attacchi convenzionali lo strick non è accettato, oppure nel caso degli attacchi di tradizione, se è presente nei finimenti, deve essere agganciato in modo che le cinghie risultino morbide e non creino nessuna tensione al cavallo nemmeno quando abbassa la testa.
E’ invece ancora in uso nelle corse di trotto.

By Hippodrome de Deauville – Clairefontaine, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1181688

4 pensieri su “Black Beauty: il messaggio dietro al romanzo”

  1. Ho vissuto nel mondo dei cavalli dal ’86 al 2012 e ho visto cose che non mi hanno mai fatto entrare in sintonia con quel mondo fatto di competizioni gare machismo se non anche fascismo pochissima considerazione del cavallo in quanto animale trattato come una moto o macchina che deve vincere con ogni mezzo. E anche per i veterinari per l’amor del cielo!!

    Piace a 1 persona

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...